Data: 21 maggio 2021
Ore: 19.30-21.30
Guardare in faccia in propri disagi è attività assai difficile: c’è chi fugge e chi addirittura nega l’esistenza di un problema.
È possibile farlo, certo, e molti riescono a convivere con un disagio per molto tempo, riuscendolo a gestire anche in modo discreto. Ma è tutta una finzione. Basta quel momento in cui qualcosa non va come avrebbe dovuto e… boom! Il problema esplode.
Che si fa, allora? Non ci si considera il problema in prima persona, ma piuttosto la soluzione. E soprattutto, si cerca aiuto…
Tra i disagi di carattere emozionale sicuramente più sottovalutati in assoluto vi sono quelli legati al cibo: esso è infatti molto più spesso considerato occasione piacevole di convivialità e di condivisione con amici e familiari, favoriti anche dalle credenze popolari del nostro bel Paese secondo cui l’assunzione di abbondanti quantità di cibo sia da considerarsi sinonimo di un buono stato di salute, anziché in qualità di potenziale problema per la salute.
I danni che una cattiva alimentazione può arrecare alla nostra salute non sono, ahinoi, di nostra espressa competenza. Ciò che invece ci riguarda certamente più da vicino è il motivo, di origine prettamente emozionale, che conduce l’individuo ad avvalersi del cibo in qualità di valvola di sfogo di uno stato di insoddisfazione latente, che lo spinge ad assumere alimenti come fossero una forma di gratifica personale o, per come la vediamo noi, per colmare un vuoto esistenziale che non lascia pace.
Il legame tra il grado di soddisfazione che deduciamo dalla nostra esistenza nel suo complesso – ovvero da quanto possiamo ritenerci soddisfatti del modo in cui gestiamo il rapporto con la nostra famiglia di origine, con i nostri affetti e con i nostri partner, nonché con le nostre aspirazioni – e i disagi di carattere alimentare, nelle sue più svariate forme, è molto stretto.
L’insoddisfazione derivante dal modo in cui gestiamo i rapporti significativi della nostra vita, e in particolare con quelli che definiamo “oggetti del desiderio”, può condurre a una condizione di sofferenza tale da spingerci a percepire come un “vuoto allo stomaco“, che necessita di essere inevitabilmente colmato. È proprio questo vuoto a rappresentare la base per lo sviluppo di dipendenze, capaci di “riempire la vita” di un significato che, seppur estremamente nocivo, fornisce un perché e un riparo dalla solitudine emozionale.
Addentare un panino succulento o una fetta della più golose delle torte è, pertanto, un modo per percepire un senso di benessere, del tutto artificiale, che la mancanza di una fonte sana e naturale, quale potrebbe essere un lavoro soddisfacente, un innamoramento o il raggiungimento di un obiettivo tanto agognato, non è in grado di fornire.
Anoressia, bulimia, fame nervosa, binge eating, ma anche difficoltà a perdere peso nonostante gli sforzi o di mantenere alta la volontà di perseguire un regime alimentare adeguato sono solo alcuni degli esempi più comuni, ma anche più estremi, di disagi alimentari capaci in alcuni casi di rappresentare dipendenze a tutti gli effetti, al pari dell’assunzione di droghe o della nicotina, nonché spirali buie da cui uscire appare una missione impossibile.
Il webinar “Food addiction: il Metodo Benemeglio® per i disagi alimentari” è un incontro dedicato alla comprensione dell’origine dei disagi e delle dipendenze da cibo più comuni e conosciute nonché degli strumenti messi a punto dal ricercatore e psicologo Stefano Benemeglio utili ad agire per debellarli.
L’incontro, condotto da Stefano Benemeglio, si svolgerà in via del tutto virtuale, sulla piattaforma webinar Zoom, accedendo direttamente dal proprio profilo personale su aCampus.